Le parti comuni in un condominio. Cosa dice il codice civile?
L’art 1102 del c.c afferma:
“Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese modificazioni necessarie per il migliore godimento della cosa. Il partecipante non può estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri partecipanti, se non compie atti idonei a mutare il titolo del suo possesso.”
Ciò significa che non può essere in alcun modo alterata la destinazione d’uso di uno spazio o di un bene comune rispetto al diritto esercitabile dai comuni soggetti che hanno nella loro disponibilità un determinato bene. Dunque se per un caso uno spazio comune, pur non essendo intralciato, venisse tuttavia ad essere soggetto di una modifica, quale potrebbe essere per esempio la costituzione di un’autorimessa negli spazi di un locale di un condomino, ciò, pur non comportando una modificazione ma un semplice allargamento dell’ingresso costituirebbe comunque una violazione secondo quanto ha deciso la Corte di Cassazione.
Quello spazio sarebbe asservito ad un uso esclusivo che sarebbe in violazione proprio dell’articolo sopra citato.
“La modificazione della destinazione del bene comune si ricollega all’entità e alla qualità dell’incidenza del nuovo uso, giacché l’utilizzazione, anche particolare, della cosa da parte del condomino è consentita quando la stessa non alteri l’equilibrio fra le concorrenti utilizzazioni, attuali o potenziali, degli altri comproprietari e non determini pregiudizievole invadenza nell’ambito dei coesistenti diritti di costoro”, dice la sentenza n. 1072 del 2005 della Corte di Cassazione. Il partecipante dunque, è il principio, non può esercitare un diritto su uno spazio, su di un bene su cui questa condizione non è esistente.